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Case, con la direttiva Europea “Green” sarà necessario ristrutturarle tutte?

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Come già riportato in un nostro precedente articolo di oltre un anno fa, la questione dell’efficientamento energetico obbligatorio per gli immobili residenziali proposto dalla Commissione Europea, è finalmente arrivata (forse) al suo epilogo. 

Il 24 gennaio, la proposta di direttiva Ue Epbd con la stretta Green sugli immobili, sarà votata per l’approvazione per poi approdare al voto finale probabilmente il successivo 13 marzo.

Il pacchetto fa parte della politica ambientale denominata “Fit for 55”, che punta alla riduzione della Co2 del 55% entro il 2030, rispetto ai dati rilevati nel 1990, che prevede che dal 2030 in poi, i nuovi edifici privati debbano iniziare a “mettersi in regola” con gli obiettivi ambientali nell’ambito del New Green Deal.

Il che in pratica vuol dire abbattere le emissioni nocive di cui sono responsabili per il 40% dell’inquinamento globale.

Significa che gli edifici dovranno consumare molta meno energia degli attuali, essere alimentati per quanto possibile da fonti rinnovabili e non dovranno emettere in loco emissioni di carbonio provenienti da combustibili fossili.

Follie sui Social?

Sui Social impazzano soggetti più o meno folkloristici che terrorizzano gli utenti su ipotesi di impossibilità di vendita e affitto degli immobili che non risulteranno a norma.

Vediamo però di cosa si tratta realmente anche con l'aiuto dei dati del Sole24Ore:

Gli standard minimi previsti

Le proposte comunitarie introducono nuovi standard minimi.

L'obiettivo è migliorare l'efficienza energetica, già oggi classificata secondo una scala, dalla A (più efficiente) alla G (meno efficiente).

A questo proposito il testo della direttiva, oggetto di una miriade di emendamenti, sembrerebbe ora orientata, per gli edifici privati, a puntare sulla classe E entro il 2030 e non più come originariamente previsto entro il 2033 con un passaggio in F entro i tre anni precedenti.

L’obiettivo è arrivare a zero emissioni nel 2050, con una trasformazione alla classe D entro il 2033.

Quali le sanzioni per chi non si mette in regola?

La Commissione non ha ritenuto necessario introdurre sanzioni (come le paventate limitazioni sulle vendite o sull'affitto) nel caso di mancato rinnovamento.

Secondo gli articoli 9 e 31 della proposta di direttiva, l'eventuale scelta sarà demandata ai singoli governi.

In Francia, per esempio, una legge già approvata in agosto, prevede che per le abitazioni più energivore i proprietari non potranno aumentare gli affitti dal 2022 e affittarle dal 2025. Ma anche lì la situazione è in divenire.

Vedremo da noi cosa avverrà dopo i necessari passaggi nelle Commissioni ed in Parlamento.

La situazione immobiliare nazionale

L’assenza di sanzioni non mette però il settore immobiliare al riparo da vari effetti.

Il patrimonio immobiliare italiano è decisamente vecchio, per il 74,1% realizzato prima dell'entrata in vigore della normativa completa sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica.

Su 12,2 milioni di edifici, oltre 9 milioni non sono in grado di garantire le performance energetiche, sia pur minime, richieste per gli edifici costruiti successivamente e molto lontano dalle prestazioni basilari richieste alle abitazioni dei nostri giorni.

Il parco immobiliare italiano è quindi complessivamente caratterizzato da edifici fortemente energivori.

Il monitoraggio Enea-CTI, relativo agli attestati di prestazione energetica (Ape) emessi nel 2020, evidenzia infatti che, in media, ben il 75,4% degli attestati si riferisce a immobili ricadenti nelle classi E, F, G.

Quest'ultima classe, la G appunto, è la meno efficiente in termini assoluti ed incide per oltre un terzo (35,3%).

Nel comparto residenziale poi, tale distribuzione risulta ancora più estrema: il peso delle categorie più energivore (E, F, G) raggiunge infatti, il 75% dell’intero patrimonio immobiliare.

Data l’importanza dell’argomento, vi terremo aggiornati come di consueto appena ci saranno novità di rilievo.

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