In edilizia, la comunicazione di fine lavori rappresenta uno di quei passaggi che, sebbene spesso percepiti come una seccante formalità, in realtà sono essenziali per concludere correttamente un intervento e mettersi al riparo da futuri problemi, non ultimo l’impossibilità di vendere l’immobile oggetto delle opere.
Quando un intervento è stato autorizzato tramite un titolo abilitativo come una CILA, una SCIA o un Permesso di Costruire, la chiusura del cantiere deve essere formalizzata.
È qui che entra in gioco la comunicazione di fine lavori.
Un adempimento che, oltre a certificare la conclusione degli interventi, apre le porte a eventuali collaudi, variazioni catastali e, non meno importante, alla possibilità di accedere ad agevolazioni fiscali.
Un passaggio previsto dalla legge
La base normativa che regola la comunicazione di fine lavori è il D.P.R. 380/2001, conosciuto come Testo Unico dell’Edilizia.
A questo si aggiungono le novità introdotte dalla Legge 105/2024, che ha convertito il cosiddetto Decreto Salva Casa di cui abbiamo trattato in diverse occasioni, confermando alcune semplificazioni e chiarendo quando questa comunicazione è obbligatoria e quando no.
Ma di cosa si tratta, esattamente?
La comunicazione di fine lavori è un documento che attesta in modo ufficiale che i lavori autorizzati sono stati completati.
Questo consente all’amministrazione comunale di aggiornare gli atti, avviare eventuali verifiche e, se del caso, procedere alla chiusura della pratica edilizia.
Il documento viene presentato allo Sportello Unico per l’Edilizia (SUE) del Comune e può essere obbligatorio o facoltativo a seconda del tipo di intervento e del titolo abilitativo utilizzato.
Quando è obbligatoria?
Vediamo caso per caso.
1. Permesso di costruire
Qui non ci sono dubbi: la comunicazione di fine lavori è obbligatoria.
Deve essere accompagnata dal collaudo finale, redatto da un tecnico abilitato e in molti casi da altra documentazione come fotografie delle opere ultimate e la variazione catastale.
2. SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività)
Anche in questo caso la fine dei lavori va comunicata, presentando una dichiarazione di conformità rilasciata dal tecnico incaricato.
Alcuni Comuni potrebbero richiedere ulteriori allegati, quindi è sempre consigliato consultare il regolamento edilizio locale.
3, CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata)
Qui la situazione è più flessibile.
A livello nazionale, non esiste un obbligo generale di comunicare la fine dei lavori, ma molti Comuni lo richiedono espressamente.
E anche quando non fosse richiesto, è altamente consigliabile farlo, soprattutto se si intende accedere a bonus fiscali come il Bonus Mobili o il Superbonus 110%, che prevedono la chiusura formale della pratica.
Come si presenta la comunicazione?
La modalità è ormai quasi ovunque digitale. La presentazione avviene tramite:
• Portali telematici regionali o comunali;
• Oppure tramite PEC, se il Comune non dispone di un portale dedicato. Va compilato un modulo (generalmente il modello unico nazionale previsto dal D.Lgs. 222/2016), al quale si allegano:
• Asseverazioni o collaudi tecnici;
• Variazione catastale (se necessaria);
• Eventuale documentazione fotografica;
• Ricevuta dei diritti di segreteria, quando richiesti.
Le Tempistiche da rispettare
Il Testo Unico dell’Edilizia stabilisce termini precisi per la validità del titolo abilitativo:
• I lavori devono iniziare entro un anno dal rilascio del permesso;
• Devono concludersi entro tre anni dall’inizio.
Una volta terminati, la comunicazione di fine lavori dovrebbe essere presentata senza indugi.
Sebbene non esista una scadenza fissa per la comunicazione, un ritardo potrebbe causare complicazioni: dalla decadenza del titolo (se i tempi non sono rispettati), alla perdita di agevolazioni fiscali.
Per la CILA, invece, le tempistiche non sono definite dal D.P.R. 380/2001 e quindi sono rimesse a disposizioni locali.
E se la Comunicazione arriva in ritardo?
Se i lavori sono terminati nei tempi previsti, ma la comunicazione viene inviata in ritardo, non scattano sanzioni automatiche.
Tuttavia, il rischio è di non poter dimostrare ufficialmente la chiusura dell’intervento, con conseguenti problemi in fase di compravendita, richiesta bonus o aggiornamenti catastali.
In pratica: meglio evitare di dimenticarsene.
Quanto costa?
Senza voler entrare nel merito del diritto di compenso del singolo professionista, che dipende anche dal titolo posseduto, dall'esperienza maturata e dall'effettiva complessità dell'intervento, il costo varia essenzialmente in base a due fattori:
1. Diritti amministrativi richiesti dal Comune: di norma oscillano tra i 50 e i 150 euro.
2. Compenso del tecnico incaricato della redazione dei documenti:
Il consiglio, ovviamente, è chiedere sempre un preventivo chiaro prima di iniziare, magari consultandosi con i tecnici convenzionati con EffettoCasa.
Un esempio concreto
Immaginiamo di aver ristrutturato un appartamento a Roma con una CILA, senza modifiche catastali.
In questo caso il Comune non richiede obbligatoriamente la comunicazione di fine lavori.
Tuttavia, se vuoi accedere al Bonus Mobili, sarà necessario presentarla per dimostrare la chiusura effettiva dei lavori.
Oppure, in caso di interventi che prevedano una SCIA, la comunicazione diventa un passaggio imprescindibile, accompagnata da un’asseverazione tecnica e dalla documentazione di aggiornamento catastale.
Conclusione
La comunicazione di fine lavori non è una seccatura da evitare, ma un passaggio fondamentale per chiudere correttamente una pratica edilizia.
Serve a tutelare il proprietario, l’acquirente e il tecnico che ha seguito i lavori.
Anche quando non è obbligatoria conviene sempre presentarla: per avere tutto in regola, accedere ai bonus fiscali, evitare problemi con il catasto e, più in generale, dormire sonni tranquilli.
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