È salva (per il momento) per un solo voto, la riforma del Catasto voluta dal governo Draghi e inserita nella delega fiscale, con uno forte scontro politico sulla revisione dei criteri per la verifica catastale.
Le proposte di modifica votate in Commissione Finanza della Camera, riguardavano i commi 1 e 2 dell'articolo 6 della delega fiscale sul Catasto.
Al momento, la riforma prevede un nuovo sistema di mappatura degli immobili esistenti, da attuarsi entro il 2026, con la revisione delle rendite catastali.
Dal Governo si ribadisce come questa mappatura non servirà per aumentare le tasse ma per comprendere l’effettivo stato del patrimonio immobiliare nazionale.
Il primo obiettivo della riforma viene infatti indicato come quello di trovare immobili «fantasma» e quelli accatastati in maniera irregolare.
Seguirà quindi l’adeguamento delle rendite catastali, periodico e calibrato ai valori di mercato.
Ma questo senza alcun impatto fiscale, come riportato nell’articolo 6.
E lo ha ripetuto anche lunedì il premier: «nessuno pagherà più tasse». Almeno fino al 2026.
Il Motivo dello scontro
Gli oppositori affermano come la riforma del Catasto, così come concepita, sia il passepartout per qualsivoglia aumento, diretto o indiretto, della tassazione sulla casa.
Il solito modo di far cassa sul ceto medio, già profondamente in difficoltà e segnato dagli eventi degli ultimi anni.
I favorevoli a loro volta, ribattono come non si tratti di un intervento finalizzato a tassare la proprietà immobiliare, tantomeno la prima casa ma a modernizzare un sistema ormai vicino a compiere un secolo di vita, sottolineando che in ambito europeo, la necessità di una riforma catastale per aggiornare i valori era stata indicata il 5 luglio 2019, nella raccomandazione del Consiglio per l'Italia e che sia prevista la delega al Governo per l’adozione delle norme atte a modificare il sistema di rilevazione catastale degli immobili, prevedendo nuovi strumenti da mettere a disposizione dei comuni e all’Agenzia delle Entrate, con l’obiettivo di facilitare l'individuazione e la corretta classificazione degli immobili.
La norma indica i principi e i criteri direttivi da utilizzare per l’integrazione delle informazioni presenti nel Catasto dei Fabbricati, che dovranno essere disponibile dal 1° gennaio 2026.
Queste informazioni però non dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi derivanti dalle risultanze catastali né per finalità fiscali.
I Criteri
All’unità immobiliare andrà attribuito un valore patrimoniale e una rendita attualizzata, rilevati in base ai valori di mercato, anche attraverso meccanismi di adeguamento periodico.
Per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico, verranno introdotte riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario, considerati i più gravosi oneri di manutenzione e conservazione.
Tali informazioni non dovranno essere utilizzate (così almeno la versione ufficiale) per la determinazione della base imponibile dei tributi derivanti dalle risultanze catastali né per finalità fiscali.
Molte migliaia gli Immobili Fantasma o Irregolari
La vera novità e la finalità più acclamata della riforma, è comunque la necessità di aggiornare l’archivio con gli immobili e i terreni non dichiarati.
L’Agenzia delle Entrate, che ha assorbito la vecchia agenzia del Territorio, insieme con i Comuni, avranno strumenti per andare a caccia degli immobili “fantasma” e di quelli che non rispettano la reale consistenza, la destinazione d’uso o la categoria catastale attribuita.
Lo scontro si sposterà adesso dalle Commissioni alle Camere, augurandoci che venga presto trovato un punto d’incontro che tenga conto delle esigenze di tutti.
Continueremo naturalmente a tenervi informati sull’evolversi di un tema tanto importante per le famiglie e le imprese italiane.
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